6 aprile 1994: si scatena nel cuore dell’Africa l’ultimo genocidio del XX secolo. “Solo” tre mesi, ma un bilancio di circa 800.000 vittime. Elevatissimo anche il numero degli esecutori delle stragi.
Come può un paese che ha vissuto un simile trauma esercitare la giustizia? E come può riprendere a vivere?
Ai Tribunali ordinari si è affiancato, nel 1995, un Tribunale penale internazionale. Nel 2002 il governo decise di utilizzare anche le corti di villaggio tradizionali, i Gacaca. Si sono così celebrati migliaia di processi e, nel giugno 2012, il presidente Kagame ha dichiarato conclusa con successo l’esperienza.
Ma tutte queste macchine giudiziarie hanno davvero favorito la riconciliazione? La risposta di questo studio è in chiaroscuro.
Sotto accusa, in particolare, è il “pensiero unico” sul genocidio qual è stato imposto dal potere politico.
Sono sicuramente più interessanti, in chiave di riconciliazione, piccoli progetti come quello delle Case Amahoro, avviato all’indomani del genocidio con il sostegno della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla.