Per una filosofia del tragico
Tragedie greche, vita-filosofica e altre vocazioni al dionisiaco.
di Alessandra Filannino Indelicato, Mimesis edizioni
Dialoga con l’autrice: Andrea Ignazio Daddi, filosofo e pedagogista
“Ancora sentiamo levarsi dall’Antica Grecia il terribile pianto di un capro sacrificale.
Alle urla strazianti di dolore, si uniscono i canti commossi e le danze sfrenate in onore
di Dioniso: la tragedia nasce come un sacro rituale di compartecipazione al ciclo di
vita, morte e rinascita. Nell’epoca del consumismo e del “tutto subito”, abbiamo
urgente bisogno di una filosofia del tragico, aperta alla complessità simbolica della
vita. In questa direzione, l’Euripide di Baccanti ci consegna un Dioniso δαίμων
(daimon), mediano, misterioso e contraddittorio; incarnazione dell’eccesso panico così
come maestro di una puntuale presenza all’istante – l’autentico compito di ogni
filosofia. Dioniso lo Straniero, ma secondo soltanto ad Atena nei festeggiamenti;
Dioniso l’Androgino, l’irrazionale, l’addolorato: molteplici nomi tentano di definirlo,
nessuno riesce mai a comprenderlo. Perché la filosofia dovrebbe dunque, e
provocatoriamente, occuparsi del tragico? Cosa significa rispondere a una vocazione al
dionisiaco? E perché questo ci riguarda?