Corpi in rivolta

Quando:
15 Febbraio, 2016@19:00–20:30
2016-02-15T19:00:00+01:00
2016-02-15T20:30:00+01:00
Corpi in rivolta

Sessualità e riproduzione. Due generazioni in dialogo su diritti, corpi e medicina

Anankelab, 2015

Su prostituzione, più in generale sulle tematiche dell’autodeterminazione e del corpo, le femministe si sono divise. Un certo tipo di femminismo moralista esiste, è innegabile, ed è quello che ha condannato esplicitamente ogni forma di compravendita del corpo (e delle sue parti). Ma ci sono anche femminismi che abbracciano la libera scelta, lottando però contro la tratta delle donne. Infine, ci sono femminismi che promuovono attivamente la nascita di sindacati e collettivi di prostitute, concentrandosi soprattutto sull’ampliare diritti e libertà delle donne che scelgono questo mestiere. Nella mia prospettiva da sempre la prostituzione è lavoro, in questo non ci trovo alcuno scandalo.
Temo che adottare un atteggiamento censorio e moralista su prostituzione e compravendita del corpo rappresenti un doppio vicolo cieco: da una parte ci esponiamo a tutti i pericoli di cui è foriero il proibizionismo, dall’altra non riconosciamo la piena autodeterminazione delle donne.
La posizione moralista è per me viziata all’origine: non comprende come prostituzione e vendita di oociti (e di altri organi) siano a volte un mezzo per darsi delle possibilità di fuga. In “Biolavoro globale”, Cooper e Waldby riportano le interviste fatte alle donne est-europee che vendono oociti, e alle madri surrogate indiane. Da quelle interviste capiamo che per molte delle donne in questione vi era la possibilità di studiare, di avere una casa propria, di uscire dalla miseria delle periferie suburbane degli ex-centri industriali. E se davvero ci indigna pensare che per iscriversi all’università una donna debba vendere pezzi di corpo, allora occorre mettere in discussione i rapporti di forza economico-politici, piuttosto che vietare la prostituzione o le nuove forme del lavoro riproduttivo.